È molto facile parlare per luoghi comuni. Per esprimersi invece con cognizione di causa avvalorando le proprie tesi con dati scientifici e ragionamenti che hanno basi concrete e reali ci vuole più impegno. La nostra voglia di sapere si spinge oggi su un argomento delicato, che è stato troppo spesso affrontato senza l’ausilio di dati alla mano: l’utilizzo di cannabis nell’adolescenza e gli eventuali danni che può comportare per il cervello.

Ebbene la voce di quartiere dice che gli adolescenti che fumano le canne poi avranno problemi seri, perché il cervello a quell’età è delicato e si scombina facilmente… si sa. Ma è davvero così? Leggiamo insieme cosa dicono gli studi più recenti e avvalorati da tecnologie e metodistiche all’avanguardia.

Un passato di tesi inconsistenti

Ebbene per un certo periodo a cavallo tra gli anni ’90 e 2000 sono state pubblicate alcune ricerche scientifiche per fomentare questa diceria. Articoli “scientifici” basati su campioni ridottissimi e con fondamenti a dir poco labili che per anni sono stati gli unici dati a disposizione di chi volesse informarsi sull’argomento. Ma per fortuna la scienza è in grado di mettersi in discussione e superare i luoghi comuni grazie a menti fresche e razionali che seguono il solo proposito di fare chiarezza. Ecco quindi che nel 2018 arrivano i primi studi decisi a valutare la veridicità di questa presa di posizione che i cannabinoidi fanno male al cervello in crescita, come ad esempio questa metanalisi e revisione della letteratura (ovvero un’analisi e comparazione degli studi esistenti sull’argomento) che dichiara inconsistenti e basate su dati non sufficientemente precisi le ricerche su questo tema e mette a disposizione un’analisi dei dati che ribalterebbe la tesi fino al questo momento condivisa dal mondo medico. Come conferma arriva nel 2019 un’altra ricerca scientifica che approccia l’argomento e che assicura che l’uso della cannabis durante l’adolescenza non è associato a differenze strutturali del cervello in età adulta.

La ricerca scientifica che dice che la cannabis non fa male al cervello degli adolescenti

Il titolo ufficiale di questo lavoro è: Associations between adolescent cannabis use frequency and adult brain structure: A prospective study of boys followed to adulthood e si propone appunto di fotografare la struttura di giovani cervelli consumatori e non consumatori di cannabis ad un momento zero della loro adolescenza e di ripetere il monitoraggio una volta raggiunta l’età adulta. Capirete quanto sia interessante questo tipo di approccio scientifico che ha richiesto ovviamente anni di attesa per ottenere dati da comparare. I risultati di questa lunga ricerca sono finalmente stati pubblicati sulla rivista Drug and Alcohol Dependence e hanno ribaltato completamente la situazione, screditando le tesi precedenti con dati talmente specifici da essere difficilmente contestabili.

Gli studiosi dell’Arizona State University e dell’Università di Pittsburgh hanno valutato che non esistono modifiche della morfologia cerebrale del cervello adulto in persone che da giovani hanno fumato cannabis in modo abituale. Per farlo hanno suddiviso i 1000 soggetti monitorati dall’adolescenza in quattro categorie che andavano da zero uso di cannabis (definito come quattro giorni di utilizzo o meno) a un uso ti tipo intenso (una media di 782 giorni di utilizzo). Un sottogruppo di partecipanti per le varie categorie è stato nuovamente sottoposto a imaging cerebrale strutturale tra i 30 e i 36 anni per verificare eventuali cambiamenti dovuti al consumo di cannabis e il risultato è stato che la situazione strutturale è rimasta immutata in questi soggetti rappresentanti tutte le categorie. Nemmeno i soggetti che negli anni erano stati maggiormente esposti alla cannabis hanno mostrato variazioni dei volumi cerebrali subcorticali e volumi cerebrali corticali. Conclusione? La cannabis non ha alcun effetto degenerativo sul cervello degli adolescenti.

Speriamo che altri studi si concentrino su questo quesito scientifico e facciano maggiore chiarezza sull’argomento, qualunque sia il risultato finale che otterranno ci auguriamo che in futuro, per evitare i soliti allarmismi, i ricercatori si muovano sulla base di dati scientifici sensibili e veritieri, non su una pila di preconcetti che assecondano il pensiero popolare.